Da ICub a R1 “your personal humanoid” arriva il robot made in Italy.

L’Iit lo ha battezzato “R1” come “Artoo” il robottino di Gurre StellariR2” ha un altezza variabile da 125 cm a 140 cm grazie alla sua estensione, pesa 50 chili ed è realizzato per il 50% in plastica e per il restante 50% in fibra di carbonio e metallo.

L’Istituto italiano di tecnologia di Genova, che sul fronte della robotica rappresenta l’avanguardia della ricerca in Italia, vuole portare sul mercato entro una manciata d’anni il suo primo robot a basso costo.

L’Iit ha presentato il suo prototipo (video), R1 ed è nato dopo una gestazione straordinariamente breve, di soli sedici mesi. Un tempo record se si considera che il fratello maggiore di R1, l’umanoide iCub, sempre targato Iit, ha impiegato tre anni e mezzo prima di vedere la luce. R1 nasce dal lavoro di una squadra variegata di scienziati e designer guidata da Giorgio Metta, vice-direttore e responsabile del progetto umanoide dell’Iit. «Abbiamo fatto tesoro dell’esperienza accumulata con iCub», dice Metta.

Una delle principali novità di R1 rispetto agli umanoidi che l’hanno preceduto riguarda la sua progettazione: «Di solito – spiega lo scienziato – si parte con gli ingegneri. Sono loro che stabiliscono quale dovrà essere l’aspetto del robot, cosa dovrà fare, come dovrà muoversi. Questa volta a dare le prime indicazioni sono stati neuroscienziati e designer. Ci hanno fatto capire quali aspetti della forma e del movimento del robot lo avrebbero fatto sembrare più simile all’uomo».

 Chi, come Metta, progetta robot, combatte contro molti nemici. Il costo della materia prima è tra questi, ma sempre meno. Nel suo articolo del 2007  Bill Gates ricordava che un megahertz di frequenza di calcolo «costava più di 7 mila dollari nel 1970 e oggi può essere comprato per poche monete». I sensori laser usati nei robot per misurare le distanze – è un altro degli esempi di Gates – costavano pochi anni fa diecimila dollari, oggi sono scesi a duemila. Altro ostacolo in cui si sono sempre imbattuti i costruttori di robot è la difficoltà di costruire macchine davvero intelligenti, che sappiano riconoscere l’ambiente esterno e reagire agli stimoli che ricevono. Oggi i costi più accessibili della potenza di calcolo e dei sensori stanno aiutando i ricercatori a fare un salto di qualità. R1 è costruito per il 50% in plastica e per il 50% in fibra di carbonio e metallo, e per il futuro l’Iit sta studiano nuovi materiali sempre più leggeri, resistenti e biodegradabili.

Alto un metro e venti circa, peso di una cinquantina di chili, R1 potrebbe diventare un utile co-inquilino, a cavallo tra il collaboratore domestico e l’assistente personale. Andrea Pagnin, coordinatore del gruppo di designer che ha collaborato con l’Iit alla realizzazione del robot, spiega che «il primo ambito per cui R1 è stato concepito è l’ambito ospedaliero, dove aiuterà gli infermieri. Poi sarà la volta dell’ambito commerciale, pensiamo ai supermercati dove il robot potrà interagire con i clienti. Infine l’ambito più difficile, quello domestico». Difficile perché il robot per muoversi dovrà interagire con un ambiente che cambia continuamente, tra bambini che giocano in salotto e gatti che saltano sul davanzale.

«R1 ha un’intelligenza studiata e sviluppata direttamente sul suo corpo – spiega Metta – Significa ad esempio che la sua capacità di riconoscere gli oggetti e quindi di interagire con loro aumenta a mano a mano che il computer “cresce” e immagazzina quegli oggetti nel suo database». Come accade anche negli uomini – quelli che invecchiano bene – è una macchina che diventa più intelligente con l’avanzare degli anni.

Nel 2007, quando Gates scriveva il suo articolo, l’industria mondiale dei robot valeva 5 miliardi di dollari. Nel 2025, secondo le previsioni della Japanese Robot Association, varrà dieci volte tanto. «Il mercato – dice Metta – è maturo. Per questo abbiamo deciso di muoverci in fretta».

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